Lettera sulle travestite

marlene_dietrich1

Cara amica,

giusto per continuare a parlare di donne e di ruoli ho pensato di proporti un articolo che scrissi a proposito di un libro di Alvise Spadaro e che apparve sull’edizione palermitana de “La Repubblica” il 4 ottobre del 2011 col titolo Per amore o per bisogno storie di uomini per finta (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/10/04/per-amore-per-bisogno-storie-di-uomini.pa_023per.html?ref=search). L’argomento mi sembra divertente e spero divertirà anche te.
Indossare una divisa, fingersi uomo e raggiungere il fidanzato al fronte sembra una follia eppure qualcuno l’ha fatto davvero. Era il 1917 quando Concettina Luparello lasciò Ragusa e si presentò alla stazione di Catania, vestita da soldato, pronta a partire verso l’incognita della Grande Guerra, sicura di trovare al fronte l’amato Rosario Bellia, il fidanzato di Regalbuto al quale era stata probabilmente negata una licenza.

La storia non dice molto di lei se non che fu subito riconosciuta e fermata addirittura prima della partenza, ma il tentativo è romantico, bisogna ammetterlo. Tanto romantico da sembrare il soggetto di un romanzo d’amore.

In realtà quella trama era già stata scritta da Carolina Invernizio. La scrittrice di Voghera, regina incontrastata del romanzo d’appendice, su una follia d’amore come quella di Concettina Luparello, costruì il suo ultimo libro, La fidanzata del bersagliere. Morendo nel 1916, la Invernizio non poteva conoscere l’impresa di Concettina e si ispirò a Luigia Ciappi che nel 1915, armata di tutto punto, zaino in spalla e cartucciera sulla divisa grigioverde, riuscì a infiltrarsi nel 127° Reggimento Fanteria, venendo scoperta dai commilitoni solo a viaggio iniziato. La Ciappi, una calabrese di Rosarno, aveva deciso andare al fronte per autentico amor di patria ma, nella finzione romanzesca, le venne attribuito il più appassionante movente sentimentale che avrebbe invece guidato, due anni dopo, la mancata eroina siciliana.

La storia di Concettina Luparello torna oggi alla luce grazie ad Alvise Spadaro che con Le travestite. Donne nella storia, uscito da Bonanno, offre una gustosa galleria di donne che nel corso dei secoli hanno scelto di fingersi uomini per ottenere diritti negati, per lavorare o, in qualche caso, per sopravvivere. Il volume narra vicende di coraggio di ogni genere e le emule di Giovanna d’Arco sono molte. Accanto alla Ciappi e alla Luparello ci sono Francesca Scanagatta, che col nome di Franz divenne tenente dell’esercito austriaco in barba al marito che era tenente napoleonico, ma proliferano per lo più in Francia. Francese è Virginie Ghesquière, che prese il posto del fratello malato nel 27° Fanteria finendo decorata da Napoleone, e lo è Angélique Duchemin insignita della Legion d’Onore. Ma al di là delle ardite Lady Oscar le storie più interessanti riguardano le donne siciliane. Figura controversa è quella dell’aristocratica Macalda Scaletta, vissuta nel XIII secolo, che rimasta vedova del conte Guglielmo Amico signore di Ficarra ancora giovane, decise di travestirsi da frate per raggiungere Napoli.

Siciliana è anche Alessandra Starabba, figlia del marchese Antonio di Rudinì nata il 5 ottobre 1876, sul traghetto che aveva lasciato Palermo alla volta di Civitavecchia. Nonostante una bella immagine che la ritrae in pizzo bianco e con un regale ventaglio di piume, Alessandra Starabba amava le avventure a tinte forti e i vestiti maschili.

La storia più commovente è però quella di Francisca la Calatina, masculu fora e fimmina intra. Alvise Spadaro per riportarla in vita si affida all’accorata cronaca di Francesco Polizzi testimone dei fatti avvenuti nel 1692. Rimasta vedova e poco incline ai lavori femminili, Francisca era un vero mulo quando si trattava di andare nei campi. Così, per sopravvivere, aveva deciso di travestirsi da uomo per farsi assumere come “jurnataru”, cioè contadino pagato a giornate. Polizzi scrive che, a causa delle fatiche, «il suo volto era diventato homigno», ma in realtà molti avevano notato che si trattava di una donna ancora giovane e così «era chiamata per tutta la Cità li huomo femina». Un giorno, complice il vino e gli scherzi tra contadini, la sua identità fu definitivamente svelata, Francisca, dopo un drammatico inseguimento, fu portata davanti all’inquisitore del Santo Uffizio «sopponendosi che questa detta Donna avesse operato con un qualchi cosa diabolica». Caso più unico che raro per il tribunale dell’Inquisizione, la povera Francisca fu assolta con una sentenza stupefacente: «aggio conosciuto la tua liberalità che sinocente, và ti torno e dico che tu sei benedetta».

Vite straordinarie di donne vere. Sicuramente meno note di quelle immaginarie, come Leonore che nel Fidelio beethoveniano si veste da uomo per raggiungere in carcere il suo amato; come Gilda che nel Rigoletto muore a causa del suo travestimento maschile, come Yentl di Isaac B. Singer cui diede volto e voce Barbra Streisand nell’omonimo film in cui era la ragazza con la kippà che si finge uomo per entrare in una Yeshiva, o come della leggendaria papessa Giovanna, le travestite di Spadaro, pronte a tutto per un ideale.

Perché forse non era esattamente a un travestimento maschile che pensava Oscar Wilde ma aveva comunque ragione dicendo che le donne col vestito adatto sono capaci di qualsiasi cosa.

Devotamente

EE.